mercoledì 27 novembre 2019

I SOCIAL-RICORDI


I SOCIAL-RICORDI
 “La vita non è quella vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla. Non sprecare il ricordo significa non sprecare la vita”. 
Gabriel García Márquez.



Ri-còr-do. Dal latino: re- indietro, cor cuore. Richiamare in cuore.
Non è memoria ma un richiamare nel presente un qualcosa al cuore e al sentimento. Un frangente che non è più adesso, non è più qui, ma che ritorna grazie al solo poter rivivere un ricordo. Un sentimento concreto e non un sogno frutto della fantasia.
Una capacità che, bella o brutta che sia, raccoglie tutto ciò che naturalmente attraversa la nostra esistenza consentendoci di non perdere quell’esperienza che ci rende le persone che siamo oggi. Una risorsa insostituibile, da niente e nessuno. O quasi.

Infatti, nell’epoca digitale, sembrerebbe che gli individui preferiscano “limitare” gli “accessi” alla propria emotività, i contatti diretti con l’altro, controllare le emozioni, allontanarsi da ogni situazione dove un eccessivo investimento emotivo è oramai sinonimo di rischio.  
Tutto questo perché nel 21° secolo, come sociologi e psicologi affermano, le relazioni sono in crisi.
Le cause a spingerci quotidianamente ad investire sempre meno la nostra emotività, così da non avere troppo da ri-cor-dare, sono da rintracciarsi nella paura dell’abbandono e del non amore. 



"Il mercato ha fiutato nel nostro bisogno disperato di amore l'opportunità di enormi profitti. E ci alletta con la promessa di poter avere tutto senza fatica e senza investire emotivamente nulla. Il bisogno di amare ed essere amati è una continua ricerca di appagamento, della quale però non si è mai sicuri di essere stati soddisfatti abbastanza. L'amore liquido è proprio questo: un amore diviso tra il desiderio di emozioni e la paura del legame". BAUMAN “AMORE LIQUIDO”, 2003.

Ciò nonostante resta il nostro naturale bisogno di manifestare il nostro esserci, ma con delle “garanzie”. I social.  Una “memoria esterna” su cui poter riversare ogni frammento di vissuto. Piattaforme interattive in cui a far da padrone è l’illusione che basti un semplice click per rimuovere un ricordo, dove se tutto è lontano dagli occhi lo è anche dal cuore. Illusi che nell’impersonale realtà digitale la vita diventi un “fardello” più sostenibile.

Dunque, spettatori passivi delle nostre stesse vite; procacciatori di like, la moderna unità di misura che quantifica la qualità dei nostri ricordi.

Nonostante la ricerca di legami solidi e stabili sia una nostra predisposizione biologica, fuggiamo da tutte le occasioni utili per poterne costruire di veri. Creare relazioni solide equivale alla perdita di indipendenza, di libertà di scelta. Siamo dipendenti da un meccanismo che mano a mano si consolida sempre di più. La spersonalizzazione.

Gentilezza, solidarietà, amore reciproco, relazioni vis-à-vis, nulla di tutto questo è favorito nella nostra società dove essere sensibili e aperti all’altro è sintomo di debolezza. Emozionarsi è da “sfigati”, essere fedeli è “demodé”, immedesimarsi è una “perdita di tempo”, essere forti senza far trasparire alcuna emozione e se possibile ridurle ai minimi termini.

Il futuro così rappresentato appare pertanto ostile e per tale motivo abbiamo, volutamente o non, incentrato la nostra attenzione e il tempo nella cura dei nostri profili social per assicurarci un’immagine SOCIAL-mente accettata.

Dinnanzi a tutto ciò è dunque nostro dovere riscoprire chi realmente siamo, ritrovare la nostra personale approvazione senza più dipendere esclusivamente ed affannosamente dal consenso degli altri. Diventare più consapevoli è il primo passo per dimostrare di essere ancora una generazione fondata sull’essenza e non solo sull’apparenza; ancora capace di aprirsi all’emotività, all’amore, al contatto umano.
Dopotutto… “ognuno ha il proprio passato chiuso dentro di sé come le pagine di un libro imparato a memoria e di cui gli amici possono solo leggere il titolo” (V. Woolf)

Dott.ssa Ilaria Magnanti – Sociologa
Dott.ssa Annalisa Foti- Psicologa Psicoterapeuta

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