mercoledì 4 dicembre 2019




Troppo spesso le donne decidono di non denunciare la violenza , soprattutto quando si tratta di quella  psicologica, pensando di non poter essere tutelate! La legge invece ha delle linee guida ben rigide! 
Ai sensi dell’art. 3  della Convenzione di Instanbul: 
a) con l’espressione “violenza nei confronti delle donne” si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata;
b) l’espressione “violenza domestica” designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima;
c) con il termine “genere” ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini;
d) l’espressione “violenza contro le donne basata sul genere” designa qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato;
e) per “vittima” si intende qualsiasi persona fisica che subisce gli atti o i comportamenti di cui ai precedenti commi a e b;
f) con il termine “donne” sono da intendersi anche le ragazze di meno di 18 anni.
Avv. Emanuela Micillo 


mercoledì 27 novembre 2019

I SOCIAL-RICORDI


I SOCIAL-RICORDI
 “La vita non è quella vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla. Non sprecare il ricordo significa non sprecare la vita”. 
Gabriel García Márquez.



Ri-còr-do. Dal latino: re- indietro, cor cuore. Richiamare in cuore.
Non è memoria ma un richiamare nel presente un qualcosa al cuore e al sentimento. Un frangente che non è più adesso, non è più qui, ma che ritorna grazie al solo poter rivivere un ricordo. Un sentimento concreto e non un sogno frutto della fantasia.
Una capacità che, bella o brutta che sia, raccoglie tutto ciò che naturalmente attraversa la nostra esistenza consentendoci di non perdere quell’esperienza che ci rende le persone che siamo oggi. Una risorsa insostituibile, da niente e nessuno. O quasi.

Infatti, nell’epoca digitale, sembrerebbe che gli individui preferiscano “limitare” gli “accessi” alla propria emotività, i contatti diretti con l’altro, controllare le emozioni, allontanarsi da ogni situazione dove un eccessivo investimento emotivo è oramai sinonimo di rischio.  
Tutto questo perché nel 21° secolo, come sociologi e psicologi affermano, le relazioni sono in crisi.
Le cause a spingerci quotidianamente ad investire sempre meno la nostra emotività, così da non avere troppo da ri-cor-dare, sono da rintracciarsi nella paura dell’abbandono e del non amore. 



"Il mercato ha fiutato nel nostro bisogno disperato di amore l'opportunità di enormi profitti. E ci alletta con la promessa di poter avere tutto senza fatica e senza investire emotivamente nulla. Il bisogno di amare ed essere amati è una continua ricerca di appagamento, della quale però non si è mai sicuri di essere stati soddisfatti abbastanza. L'amore liquido è proprio questo: un amore diviso tra il desiderio di emozioni e la paura del legame". BAUMAN “AMORE LIQUIDO”, 2003.

Ciò nonostante resta il nostro naturale bisogno di manifestare il nostro esserci, ma con delle “garanzie”. I social.  Una “memoria esterna” su cui poter riversare ogni frammento di vissuto. Piattaforme interattive in cui a far da padrone è l’illusione che basti un semplice click per rimuovere un ricordo, dove se tutto è lontano dagli occhi lo è anche dal cuore. Illusi che nell’impersonale realtà digitale la vita diventi un “fardello” più sostenibile.

Dunque, spettatori passivi delle nostre stesse vite; procacciatori di like, la moderna unità di misura che quantifica la qualità dei nostri ricordi.

Nonostante la ricerca di legami solidi e stabili sia una nostra predisposizione biologica, fuggiamo da tutte le occasioni utili per poterne costruire di veri. Creare relazioni solide equivale alla perdita di indipendenza, di libertà di scelta. Siamo dipendenti da un meccanismo che mano a mano si consolida sempre di più. La spersonalizzazione.

Gentilezza, solidarietà, amore reciproco, relazioni vis-à-vis, nulla di tutto questo è favorito nella nostra società dove essere sensibili e aperti all’altro è sintomo di debolezza. Emozionarsi è da “sfigati”, essere fedeli è “demodé”, immedesimarsi è una “perdita di tempo”, essere forti senza far trasparire alcuna emozione e se possibile ridurle ai minimi termini.

Il futuro così rappresentato appare pertanto ostile e per tale motivo abbiamo, volutamente o non, incentrato la nostra attenzione e il tempo nella cura dei nostri profili social per assicurarci un’immagine SOCIAL-mente accettata.

Dinnanzi a tutto ciò è dunque nostro dovere riscoprire chi realmente siamo, ritrovare la nostra personale approvazione senza più dipendere esclusivamente ed affannosamente dal consenso degli altri. Diventare più consapevoli è il primo passo per dimostrare di essere ancora una generazione fondata sull’essenza e non solo sull’apparenza; ancora capace di aprirsi all’emotività, all’amore, al contatto umano.
Dopotutto… “ognuno ha il proprio passato chiuso dentro di sé come le pagine di un libro imparato a memoria e di cui gli amici possono solo leggere il titolo” (V. Woolf)

Dott.ssa Ilaria Magnanti – Sociologa
Dott.ssa Annalisa Foti- Psicologa Psicoterapeuta

venerdì 22 novembre 2019







https://thevision.com/cultura/violenza-genere/?fbclid=IwAR03tgwaZJRQ-9KBBo-ObCQq1O7KQO4jV_7cCrfhb4QkAvyXlXztArfjvsE



Che cos'è l'aggressività?
E' una risposta primitiva che si innesca di fronte ad una situazione che genera frustrazione e sulla quale si perde il controllo.

Chi fa dell'aggressività il suo stile di vita ha vissuto a sua volta situazioni in cui questa stessa risposta veniva attuata nei suoi confronti, o nei confronti di chi gli stava intorno. Si chiama "ciclo ripetitivo dell'abuso": chi ha vissuto in condizioni di violenza, abuso, e ne è stato vittima, tenderà a rimettere in atto quello stesso comportamento, strutturando le sue relazioni future sulla base della prevaricazione, della mancanza di rispetto, della violenza immotivata.
La violenza genera violenza.

Cosa fare?
DENUNCIARE, come primo passo fondamentale
PROTEGGERE le vittime
CREARE UNO SPAZIO D'ASCOLTO, che non sia solo rivolto alle vittime, ma anche  agli autori di quella violenza, perchè è vero che la violenza non va mai giustificata, ma è anche vero che chi diventa carnefice è stato vittima ed in quanto tale, in quanto portatrice di un disagio, di un vissuto traumatico, va ascoltata.


Dott.ssa Annalisa Foti - Psicologa Psicoterapeuta

mercoledì 6 novembre 2019

*Sentire non vuol dire Ascoltare*



Tutti, nessuno escluso, nel corso della propria vita pronunciano: “si ti sto ascoltando”, ma ad oggi quell'atto puro come l’ascolto non è più così scontato, né tanto meno volontario.Caratteristiche quali l’attenzione, la sensibilità e l’empatia attualmente stanno attraversando una profonda crisi. Le persone infatti, per effetto del processo di individualizzazione, si sentono sempre più sole e in balia di sé stesse.La mancanza di dialogo e comprensione, sui quali la fiducia di ogni singolo si è sempre eretta, ha prodotto un eco muto.Viviamo in un’epoca che per sua stessa natura rende sempre più difficile la possibilità di ascoltare generando in noi stress, smarrimento, paura, rumore e frenesia. Emozioni che percepiamo e che non sempre vogliamo ammettere. Si, perché ci hanno educati a dover apparire sempre forti. Nella società del “carpe diem” chi è debole è perduto.Non a caso il sociologo Z. Bauman sosteneva: “Temiamo l’esclusione, l’abbandono, la solitudine ed il rifiuto; che ci vengano negati compagnia, amore, aiuto e ascolto. Temiamo di venir gettati via da tutti”.Per questo offrire un ascolto attivo, privo di pregiudizi, consente di metterci nei panni dell’altro, riconoscere e accettare il suo punto di vista, le sue emozioni e dove necessario saper essere un valido sostegno.Per maggiori informazioni non esitate a contattarci 📩 ascoltoattivo2019@gmail.com

Per iniziare ad Amarsi non è mai troppo tardi



L'amore verso sè stessi è forse il sentimento più ricercato, ma al tempo stesso il più difficile da riscoprire.Accettarsi è il primo passo per poter poi instaurare una sana e duratura relazione con l'altro.
Quando questo non accade si entra in un vortice di smarrimento che può condurre anche a disturbi come l'anoressia, la bulimia e nei casi peggiori, a forme più gravi di autolesionismo.Per iniziare ad amarsi non è mai troppo tardi e in questo Ascolto Attivo può aiutarti.
Per maggiori informazioni contattaci: 
ascoltoattivo2019@gmail.com 📨


Massimo Recalcati Recalcati: «Anoressia, malattia dell’amore. Non è l’appetito che va curato»

Lo psicoanalista è supervisore clinico della Residenza Gruber, a Bologna: «La diffusione epidemica della malattia dimostra che il disturbo riguarda i miti del nostro tempo»

https://corrieredibologna.corriere.it/bologna/cronaca/18_giugno_03/recalcati-malattie-dell-amorenon-l-appetito-che-va-curato-ac332694-67c8-11e8-81ca-a97d9accba89.shtml?fbclid=IwAR1npnTCgD5IjNDKNorKxghnnDl4ks411FBTayofHQr_jm9j_XKXhuY3ppI


Troppo spesso le donne decidono di non denunciare la violenza , soprattutto quando si tratta di quella  psicologica, pensando di non ...

ASCOLTO ATTIVO - ASSISTENZA LEGALE E PSICOLOGICA